John Prine è un genio. Punto. Quando pubblicò il suo primo album nel 1971, si gridò al "nuovo" Dylan. Ovviamente, Prine è Prine e di dylaniano ha solo la bravura nello scrivere canzoni.
John fu "scoperto" da Kris Kristofferson che gli fece ottenere un contratto con la Atlantic e da quel momento ci sono stati regalati gioielli immortali, di cui uno è questo.
Il nostro aveva già trattato il tema della solitudine degli anziani in Hello in there ma qui torna sul tema della frustrazione di una casalinga di mezz'età che sente il bisogno di fuggire dal grigiore che la circonda. Per questo, invoca un "Angelo da Montgomery" che la porti via. Attraverso un collage minimalistico di immagini, percepiamo con estrema potenza la depressione, la delusione e il disincanto di una donna che vede la sua vita sfuggirle dalle mani senza aver modo di cambiarla.
La specialità di Prine è descrivere con poche parole un ambiente, una situazione, un modo di essere, in maniera così vivida ed efficace che è impossibile non sentirsi parte di quanto si sta ascoltando.
Ogni suo brano è un gioiellino completo in ogni sua parte, un piccolo film che narra una storia dall'inizio alla fine. Lo stesso Dylan che lo ammirava grandemente, definì il suo stile "esistenzialismo proustiano".
La versione più nota di questo brano è quella di Bonnie Raitt che con esso ottenne un successo fuori dal comune e che divenne una sorta di "signature song", ma molti altri artisti l'hanno eseguita: John Denver, Ben Harper, Dave Matthews Band, Susan Tedeschi, e molti altri.
Prine è morto nel 2020 a 73 anni, vittima del COVID-19.
John fu "scoperto" da Kris Kristofferson che gli fece ottenere un contratto con la Atlantic e da quel momento ci sono stati regalati gioielli immortali, di cui uno è questo.
Il nostro aveva già trattato il tema della solitudine degli anziani in Hello in there ma qui torna sul tema della frustrazione di una casalinga di mezz'età che sente il bisogno di fuggire dal grigiore che la circonda. Per questo, invoca un "Angelo da Montgomery" che la porti via. Attraverso un collage minimalistico di immagini, percepiamo con estrema potenza la depressione, la delusione e il disincanto di una donna che vede la sua vita sfuggirle dalle mani senza aver modo di cambiarla.
La specialità di Prine è descrivere con poche parole un ambiente, una situazione, un modo di essere, in maniera così vivida ed efficace che è impossibile non sentirsi parte di quanto si sta ascoltando.
Ogni suo brano è un gioiellino completo in ogni sua parte, un piccolo film che narra una storia dall'inizio alla fine. Lo stesso Dylan che lo ammirava grandemente, definì il suo stile "esistenzialismo proustiano".
La versione più nota di questo brano è quella di Bonnie Raitt che con esso ottenne un successo fuori dal comune e che divenne una sorta di "signature song", ma molti altri artisti l'hanno eseguita: John Denver, Ben Harper, Dave Matthews Band, Susan Tedeschi, e molti altri.
Prine è morto nel 2020 a 73 anni, vittima del COVID-19.
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